Si pensa erroneamente che il bene non faccia notizia. Lo dimostra la pioggia di cattive notizie, spesso anche "aumentate" in gravità e particolari macabri, di cui grondano tante trasmissioni televisive del pomeriggio e della sera, le prime pagine di molti quotidiani, i telegiornali. La realtà però è diversa: non solo il bene è ancora ben presente nella nostra società e addirittura cresce proporzionalmente ai problemi, ma le persone hanno sete di notizie positive.
Diffondere l'idea che tutto vada male, che non ci sia nulla da sperare per il futuro, che i giovani non abbiano ideali, che i furbi l'abbiamo vinta sugli onesti, che i nostri destini siano esclusivamente gestiti da poteri forti e occulti, che la scienza voglia il nostro male ecc ecc, non solo è errato (fake news) ma anche criminale, poiché descrive la realtà attraverso specchi deformanti e soprattutto contribuisce a rubare sogni e speranze.
Come giornalista e scrittrice, seguo ovviamente anch'io le storie tragiche e faccio inchieste su ciò "che non va", ma cerco sempre di mettere in luce anche l'altro lato della medaglia: il volontariato, le istituzioni che funzionano, i diritti che vengono rispettati, la giustizia quando trionfa, la speranza che non cede nemmeno di fronte alle più crude difficoltà, il bene che nasce anche del peggiore dei mali.
Non è ottimismo, è semplicemente realismo: perché se, nonostante le pecche di noi umani, questa Terra va avanti, è proprio perché c'è sempre e ovunque un esercito di uomini e donne che nel silenzio fanno il loro dovere e anche di più.
Quando li scopriamo li chiamiamo santi o eroi, con tanta retorica, in realtà sono persone straordinarie nell'ordinario. Ritengo, per mia esperienza, che non occorra essere uno scienziato o un genio: chiunque può dare il massimo nel proprio ambito e con questo cambiare una porzione di mondo, dal barista che ti fa il caffè sorridendo, al casellante che ti saluta al pagamento in autostrada.
Raccontare queste piccole grandi storie è una forma di giornalismo realmente rivoluzionario.